Cardiopatia ischemica
La cardiopatia ischemica è una patologia ad elevata prevalenza, dovuta essenzialmente allo sviluppo di placche aterosclerotiche a livello delle coronarie che riducono la capacità di queste arterie di fornire sangue ossigenato al tessuto cardiaco.
Il sintomo tipico è l’angina, che si presenta tutte le volte che l’apporto di ossigeno al miocardio diviene insufficiente rispetto al fabbisogno di ossigeno del miocardio stesso, e quindi il cuore va incontro a quella che si chiama ischemia.
Le manifestazioni cliniche della cardiopatia ischemica sono varie andando dall’angina da sforzo (o stabile, in cui il sintomo anginoso compare a seguito di uno sforzo fisico), all’ angina a riposo ( o instabile), sino all’infarto miocardico, in cui regioni del tessuto cardiaco vanno incontro a morte (necrosi) a seguito di marcata e prolungata ischemia.
Un’idea sia pur approssimativa della prevalenza di cardiopatia ischemica nel nostro Paese può essere offerta dai dati recentemente pubblicati dall’Osservatorio Nazionale delle Malattie Cardiovascolari ; essi indicano che, anche se si considerano soltanto le manifestazioni cliniche più eclatanti della cardiopatia ischemica, ossia infarto miocardico acuto e angina pectoris, si può calcolare che la prevalenza nella popolazione italiana di tale patologia è di circa il 4.8% nei maschi e il 4.3% nelle femmine, nei soggetti tra 35 e 65 anni, e che queste cifre salgono all’11% -20% negli uomini e al 10% -15% delle donne nella fascia di età oltre i 65 anni.
L’angina stabile è frequentemente osservata nell’ambito della Medicina territoriale. Recenti dati italiani confermano l’impatto socioeconomico dell’angina in termini di accessi al Medico di Medicina Generale (MMG), con un notevole numero di contatti/paziente/anno. La persistenza di angina è comunemente osservata anche dopo una procedura di rivascolarizzazione, come dimostra l’elevato numero di pazienti che continuano ad assumere farmaci antianginosi e/o che riferiscono ancora angina. In particolare è stato stimato che, ad un anno di distanza dall’effettuazione di un intervento di rivascolarizzazione percutaneo mediante angioplastica, a scopo sintomatico o per il trattamento di un infarto miocardico acuto, la prevalenza complessiva di angina “residua” è di circa il 26%. Questi dati trovano conferma nel fatto che, negli studi clinici che hanno valutato l’impiego di farmaci antianginosi prima e dopo gli interventi di rivascolarizzazione, è stato evidenziato che molti pazienti continuano ad assumere farmaci antianginosi, anche a notevole distanza di tempo dalla procedura di rivascolarizzazione. L’obiettivo del trattamento della cardiopatia ischemica cronica dovrebbe essere l’eliminazione completa, o quasi completa, del dolore anginoso, il ritorno alle normali attività e una capacità funzionale soddisfacente, da ottenere se possibile con minimi effetti collaterali della terapia, nonché la prevenzione eventi infartuali ed il miglioramento della sopravvivenza a lungo termine.